Leggende, curiosità e usanze di Natale che tutti dovrebbero conoscere!


Leggende, curiosità e usanze di Natale che tutti dovrebbero conoscere! Gli auguri un po’ speciali del Centro Studi Darwin!

Si sa, il Natale è il periodo più magico dell’anno! Dicembre porta con se il freddo e la prima neve che imbianca le montagne, le strade dei paesi si riempiono di luci e di colori, dai negozi provengono vocii e profumi così gradevoli da far girare la testa. Insomma non c’è da negarlo ma il Natale è un vortice che inevitabilmente travolge tutti e al quale facciamo fatica a sottrarci. Eppure, ne sono certa, molti di voi ignorano cosa si cela davvero dietro alcune cose tipiche del Natale, insomma quali sono i miti, le leggende e le usanze che si nascondono dietro quelle cose “iconiche” che la rendono una festa così unica e speciale.

Dunque, ciancio alle bande, cominciamo subito con le leggende e le curiosità del Natale che tutti, ma proprio tutti, dovrebbero sapere:

1 Il Vischio

Il potere buono del vischio trova radici già nella cultura degli antichi Celti. I Druidi usavano questa pianta per numerosi rituali e la consideravano tanto misteriosa quanto sacra. Poiché cresceva “in aria” (cioè pendeva dall’alto poiché è una pianta che cresce sugli alberi) favoleggiavano asserendo che il vischio nascesse dove era caduta la folgore degli dei. Ma partiamo dalla prima leggenda che affonda le sue radici davvero in un passato molto molto lontano:

La storia ci parla della dea Frigga, sposa di Odino, protettrice di tutti gli innamorati e dell’amore e madre di due figli, Balder e Loki. Loki, invidioso del fratello, voleva uccidere Balder amato da tutti per la sua grande bontà. Ma la dea, venuta a sapere dell’odio di un fratello contro l’altro chiese ai quattro elementi, alle piante e agli animali di proteggere Balder e così fecero tutti. Purtroppo il fratello cattivo, Loki, astuto e scaltro com’era scoprì non solo della protezione della madre ma anche che una sola piante non era stata coinvolta in questa impresa. Una pianta che viveva a metà tra cielo e terra: il vischio. Con i rami intrecciati costruì una freccia appuntita e uccise il fratello Balder. Tutti si addolorarono e gli elementi naturali provarono, invano, a riportare in vita il buon Balder mentre il grande dolore e la rassegnazione di Frigga sfogarono in un lungo pianto sul corpo del figlio. Per magia le lacrime della madre a contatto con la freccia fatta di vischio divennero bacche di bianco perlato e Balder riprese magicamente vita. Dalla grande felicità la madre ringraziò la pianta con un bacio e da allora volle che, chiunque si trovasse sotto la pianta, si scambiasse un bacio per averne la protezione. Da quel giorno, il vischio, è diventato il protettore dell’amore puro!

Un’altra leggenda racconta di un vecchio e avido mercante, che viveva in un paese tra i monti e non aveva alcun parente o amico. Una notte, non avendo sonno e rigirandosi nel letto senza tregua, uscì di casa e vide tantissime persone in cammino verso Betlemme. “Fratello – gli gridarono – non vieni?”. A quelle parole il mercante sembrò infastidito, chiamare “Fratello” lui che non aveva fratelli! Era un mercante e per lui esisteva solo chi comprava e chi vendeva; non gli importava chi fossero e che cosa facessero. Nonostante ciò, incuriosito, si unì a un gruppo di vecchi e di fanciulli. “Fratello, – ripeteva dentro di sé – sarebbe stato bello avere tanti fratelli”, ma il suo cuore gli sussurrava che non poteva essere il fratello di nessuno. Non lui che aveva sempre sfruttato, ingannato, tradito la povera gente. Eppure tutti gli camminavano a fianco e gli rivolgevano sorrisi. Giunti davanti alla Grotta di Betlemme il mercante vide entrare quelle persone una ad una, tutte con le mani piene di doni. Nemmeno i più poveri erano sprovvisti di un dono; lui soltanto, che invece era ricco, non aveva alcunché da donare. Arrivato alla grotta, al cospetto del bambino Gesù si inginocchiò costernato: “Signore,  – esclamò  –  ho trattato male i miei fratelli. Sono stato avido, ho ingannato e tradito la povera gente. Perdonami”, e cominciò a piangere senza più smettere. Alla prima luce dell’alba quelle lacrime, segno di un cuore nuovo, splendettero come perle, in mezzo a due foglioline. Era nato il vischio.

2) L’Albero di Natale e il perché delle palline

Non tutti lo sanno ma, sulle palline che usiamo per decorare l’albero di Natale, ci sono numerosi miti e leggende! Ma partiamo dal principio: già i popoli precristiani del nord appendevano corone di sempreverdi e agrifoglio alle porte delle loro case, per celebrare il Solstizio d’Inverno e per tenere fuori gli spiriti maligni che in quel periodo dell’anno con il freddo invadevano i villaggi. Per questo decoravano anche l’interno delle abitazioni con i rami d’abete, del vischio e ancora di agrifoglio. Nell’antica Roma si adornavano con gli abeti i templi durante i Saturnali, celebrazioni in onore di Saturno che cadevano proprio durante il Solstizio invernale, a partire più o meno dal 17 dicembre. A Roma si usava soprattutto l’abete bianco, simbolo di vita eterna e vicinanza al Dio.
Un altro culto molto diffuso a Roma, ma in verità prima ancora in oriente nelle zone tra Siria ed Egitto, era il culto del “Sol Invictus”. I sacerdoti ad esso devoti si ritiravano nei santuari e uscivano a mezzanotte annunciando che la Vergine aveva partorito il Sole nuovo. A Roma questo culto del “sole che nasce” era collegato al culto del dio Mitra (che gode della stessa simbologia che i cristiani attribuiscono a Gesù) e si consideravano dunque i giorni prima e dopo il Solstizio invernale giorni speciali dedicati alla rinascita del Sole. Oltre a decorare i templi e le case con i rami di abete bianco, i romani festeggiavano con banchetti e sacrifici in onore di Saturno. Anche i Celti festeggiavano il Solstizio d’Inverno banchettando e raccogliendosi intorno al fuoco. Era la festa di Yule e anche in questo caso venivano utilizzate decorazioni fatte coi rami di sempreverdi, che simboleggiavano la lotta e la resistenza contro le insidie degli spiriti dell’inverno. Con l’avvento del Cristianesimo, le cose, non cambiarono poi di molto: nel Medioevo cristiano si iniziò, in occasione del Natale, ad esporre sul sagrato delle chiese o all’interno delle chiese stesse, nella piazza del villaggio e in alcune case, alberi interi, non necessariamente abeti e sempreverdi in un primo momento, anche se questi alberi in particolare si affermarono molto presto. Spesso, soprattutto nel nord Europa, venivano utilizzati alberi di ciliegio o biancospino che, cresciuti in casa, fiorivano proprio nel periodo natalizio. In alcuni villaggi, anziché utilizzare un albero vero, si erigevano piramidi di legno, che successivamente venivano decorate con carta, mele e candele. A prescindere che fossero alberi veri, rami o piramidi di legno, questi “primitivi” alberi di Natale venivano decorati con frutta, in particolare mele rosse, ostie sconsacrate, dolci, nastri di tessuto e piccoli ninnoli. In Germania, c’era l’usanza di decorare gli alberi di Natale con pan di zenzero e mele coperte d’oro, dolci appetitosi ricoperti di glassa di zucchero, rose ritagliate di carta multicolore, cialde, fogli d’oro, noci e pigne. La scelta delle mele rosse come decoro di Natale, in realtà, era dovuta a due ragioni molto semplici: da un lato al fatto che il loro colore brillante risaltava piacevolmente sul verde dell’albero, dall’altro era un rimando all’albero della Conoscenza del Bene e del Male nell’Eden. La mela ricordava il frutto proibito, simbolo del peccato originale di Adamo ed Eva e, pochi lo sanno ma il 24 dicembre anticamente si celebrava il giorno di Adamo ed Eva. Nei giorni precedenti a questa festa, ormai decaduta, venivano messe in scena nei villaggi e nelle città particolari rappresentazioni teatrali chiamate le Opere miracolose, o Opere misteriose. Questi spettacolini servivano per comunicare alla gente comune, che spesso non sapeva leggere, le verità religiose contenute nella Bibbia e la più rappresentata in quel periodo era “Opera del Paradiso”, che raccontava della cacciata di Adamo ed Eva dal giardino dell’Eden. In genere la scena presentava da sfondo un albero sempreverde, che simboleggiava l’immortalità, dai cui rami pendevano mele rosse, il frutto proibito, simbolo del peccato originale. Da qui l’usanza di mettere nei cortili, nelle piazze e, successivamente nelle case, il cosiddetto “albero del Paradiso”, dai cui rami pendevano appunto delle mele. Ancora oggi in alcuni paesi si utilizzano le mele come addobbi di Natale. In Polonia l’Albero di Natale veniva addobbato con mele, arance, caramelle, cioccolatini avvolti in carta colorata e noci avvolte in carta stagnola mentre in Italia, in particolare in Alto Adige, gli alberi vengono ancora decorati con mele rosse al naturale, ma anche con mele infiocchettate, inzuccherate, laccate e caramellate.
In Galles è ancora diffuso il “Calennig”, una decorazione che viene esposta nelle case o donata agli amici come segno bene augurante per l’anno nuovo. Questa decorazione viene realizzata con una mela posta su un treppiede fatto di rametti e infilzata con abbondanti chiodi di garofano. Sulla sommità, dove sta il picciolo, c’è un ramoscello di bosso ornato con chicchi di uvetta come fossero i suoi frutti.

Ma allora come si è giunti alle palline? Una favoletta molto antica, che spesso si racconta ai più piccoli, è quella legata alla storia di un povero artista di strada che, nei giorni seguenti alla nascita di Gesù, si trovava a Betlemme. La notizia della natività era arrivata in ogni dove e lui, come tanti altri, desiderava rendere omaggio al Redentore. Purtroppo non aveva alcun dono da portargli, ma dopo qualche esitazione decise di recarsi ugualmente alla grotta. Quando fu lì davanti gli venne in mente un’idea e fece quello che gli riusciva meglio: il giocoliere! Così utilizzando delle semplici palline riuscì a far ridere il piccolo bambino e da quel giorno per ricordarci della bellezza di quelle risate si appendono delle palline colorate all’albero di Natale. In realtà non andò proprio così: fu in Francia, e in particolare sui Vosgi del Nord nella Lorena francese, che nacquero i primi ornamenti di vetro prodotti da abili maestri vetrai, ornamenti che sono all’origine delle nostre palline di Natale. Ecco com’è andata! L’inverno del 1858 in Francia era stato particolarmente rigido e il raccolto delle mele rosse non era stato buono. C’erano poche mele, nemmeno sufficienti per il sostentamento della gente di quelle zone, e di certo non ce ne erano a sufficienza per decorare un albero. Così un artigiano nel piccolo villaggio di Goetzenbruck, che ospitava dall’inizio del 1700 una fabbrica specializzata nella produzione di vetri per orologi, ebbe un’idea originale. Dal momento che nella lavorazione dei vetri per orologi il vetro veniva tagliato in palline che venivano poi soffiate, questo signore pensò che si potessero soffiare le palline di vetro per ottenere addobbi scintillanti per l’Albero di Natale del paese. La sua idea riscosse un immediato successo, e fin da subito a Goezenbruck si iniziarono a produrre, oltre ai vetri ottici, palline di vetro per l’Albero di Natale che ben presto vennero esportate in tutto il mondo.

3) I Candy-Canes, i tradizionali bastoncini di zucchero

Chi non ama quei bellissimi bastoncini di zucchero bianchi e rossi che subito fanno Natale? Domanda retorica la mia, ma nelle loro prime form, erano semplicemente dei bastoncini bianchi per bambini, privi di qualunque aspetto di bastone. Benché non si sappia con certezza il momento in cui essi sono apparsi per la prima volta, è dimostrato che già da metà XVII secolo erano molto diffusi in Europa. Secondo il folklore, la nascita dei bastoncini di zucchero così come li conosciamo oggi risalirebbe al 1670, quando il direttore del coro della Cattedrale di Colonia, in Germania, nel tentativo di rimediare alla confusione che i bambini facevano in chiesa durante le celebrazioni religiose, chiese ad un produttore di caramelle locale di realizzare qualche bastoncino di zucchero da dare ai bambini poco prima dell’inizio della messa, in modo tale che stessero buoni. Quando alcuni fedeli gli chiesero se fosse educativo dare delle caramelle ai bambini durante le funzioni religiose, il direttore del coro rispose che esse erano fatte a forma di bastone e che avrebbero ricordato ai bambini i pastori che avevano fatto visita a Gesù nella grotta di Betlemme. Inoltre il colore bianco ricordava la purezza del Salvatore facendo nascere l’associazione di questi bastoncini di zucchero con le festività natalizie.

Un’altra leggenda, invece, vuole che uno straordinario pasticciere creò questi bellissimi bastoncini per ricordare Gesù alle persone. Decorato a strisce rosse e bianche, questo dolce di zucchero pare portare in sé molti significati: il caramello, di cui è fatto il bastoncino, rappresenta Gesù forte, la roccia solida su cui sono costruite le nostre vite. La forma a “J” rappresenta la forma di un bastone da pastore perché “Gesù è il nostro pastore”. Il colore bianco rappresenta la purezza e l’assenza del peccato, il sapore di menta piperita ricorda il sapore dell’issopo che è una pianta aromatica usata nel vecchio testamento per purificare e il colore rosso il sangue versato da Gesù sulla croce.

4) Le renne e la leggenda di Rudolph

Le renne sono uno dei simboli del Natale per eccellenza perché, nell’immaginario collettivo, sono loro che trainano la slitta di Babbo Natale nella notte di Natale in giro per il mondo. Ma le renne di Natale sono renne davvero speciali perché sanno volare. Le aiutanti di Babbo Natale tradizionalmente sono otto, Dasher, Dancer, Vixen, Prancer, Comet, Cupid, Donder e Blitzen, ma una moderna favola natalizia ci racconta di Rudolph, la renna dal naso rosso! La piccola renna Rudolph nasce a New York nel 1938 dalla penna dello scrittore Robert Lewis May. Si tratta di una favola rivoluzionaria per l’America razzista e perbenista dell’epoca poiché è la prima volta che la letteratura per l’infanzia affronta il tema della discriminazione sociale. Rudolph è una piccola renna con un enorme naso rosso che viene derisa ed emarginata dalle altre renne proprio per questa sua caratteristica. In una fredda e nebbiosa notte di Vigilia, però, la slitta si perse non riuscendo più a trovare la strada ma Rudolph grazie al suo naso luminoso rischiarò le strade del cielo notturno aiutando così Babbo Natale a consegnare i regali a tutti i bambini. Da quel giorno, ogni anno, durante la notte della Vigilia, Rudolph si posiziona a capo della slitta per illuminare la strada ai suoi compagni.

Sono molte le leggende che ruotano intorno alla nascita del personaggio di Rudolph nonostante di fatto, come spesso accade, lo scopo della favola era far vendere. May, infatti, lavorava come copywriter ai grandi magazzini Montgomery Ward e il suo lavoro consisteva proprio nell’inventare personaggi fantastici che durante le festività avrebbero aiutato a vendere giocattoli e gadget natalizi, in un’America afflitta dalla Grande Depressione. Lo scrittore aveva una moglie in fin di vita a causa di una grave malattia, una bambina piccola da consolare e un gran bisogno di denaro e così si affidò alle richieste di Ward di creare un nuovo personaggio. A causa della malattia della moglie lavorò a casa e proprio li lo scrittore trovò l’ispirazione. La sua bimba era un’appassionata di Babbo Natale, delle sue renne e spesso chiedeva di andare allo zoo per vedere i cerbiatti. Rudolph altro non è che il risultato di quelle visite allo zoo e di alcune delle caratteristiche proprie dello scrittore: un personaggio diverso, triste e solitario. La moglie morì nel luglio del ’39 e proprio qualche mese dopo Robert May riuscì a finire il racconto. Quando però lo propose al direttore delle vendite dei magazzini non ottenne il successo sperato; la renna con quel nasone rosso, secondo Ward, ricordava quello di un ubriacone e in tempi di proibizionismo non era esattamente ciò che si erano immaginati. Fu grazie alla maestria di un promettente illustratore che i tratti della piccola renna dal naso rosso divennero dolci, fragili e indifesi e finalmente conquistarono anche il temibile direttore della Ward. Nel dicembre del ’39 il libretto venne pubblicato e ne furono vendute più di due milioni di copie. La consacrazione definitiva della renna dal naso rosso avvenne nel 1949 quando la Columbia affidò al cognato di May, Johnny Marks, il compito di comporre una canzone dedicata a Rudolph e trovò in Gene Autry il perfetto interprete musicale. La canzone era perfetta e Rudolph conquistò definitivamente l’America e negli anni a venire il Mondo!

5) La rosa di Natale

Sapevate che esiste un fiore intrepido che, mentre tutto il giardino riposa, ama sbocciare nel momento dell’anno in cui fa più freddo? No? Bene, sto parlando dell’elleboro o più comunemente chiamata “Rosa di Natale” perché fiorisce proprio nel periodo che va da dicembre a febbraio. Questa rosa è in grado di fiorire in mezzo alla neve nei boschi in montagna e non importa se gela o nevica, l’elleboro ama talmente tanto queste condizioni che soffre nelle zone più calde della nostra penisola dove le temperature rimangono molto miti anche d’inverno. Strano vero? Questa pianta elegante, dai grossi cespi di larghe foglie sempreverdi, di un bel verde scuro che dà risalto ai fiori di un candido bianco, cresce assai lentamente proprio sotto Natale e, per questo, esiste una leggenda legata alla sua esistenza in un periodo così inusuale per una rosa.

La leggenda narra della figlia più piccola di un pastore che era intenta ad accudire il gregge del padre in un pascolo vicino Betlemme. Quando vide degli altri pastori che camminavano speditamente verso la città si avvicinò loro e chiese “Dove siete diretti?”.  I pastori risposero che quella notte era nato il bambino Gesù e che stavano andando a rendergli omaggio portandogli dei doni. La bambina divenne subito triste: avrebbe tanto voluto andare con i pastori per vedere il Bambino Gesù ma non aveva niente da portargli come regalo. Così i pastori proseguirono e lei rimase da sola e triste, così triste che cadde in ginocchio piangendo. Le sue lacrime caddero nella neve e un angelo, che aveva assistito alla sua disperazione, si prese cura delle sue lacrime. Quando abbassò gli occhi si accorse che queste erano diventate delle bellissime rose di un colore rosa pallido, quasi bianche come la neve stessa. Felice, si alzò, le raccolse e partì subito verso la città, regalando il mazzo di rose a Maria come dono per il figlio appena nato. Da allora, ogni anno nel mese di dicembre fiorisce questo tipo di rose per ricordare al mondo intero del semplice regalo fatto con amore dalla giovane figlia del pastore.

6) La leggenda del lupino e la “processione del Bambinello”

Da buona napoletana non potevo non inserire tra queste curiosità due delle leggende più diffuse a Napoli nel periodo del Natale: la leggenda del lupino e la tradizionale processione del bambinello. Il popolo napoletano è da sempre stato legato a superstizioni e usanze secolari. La leggenda si diffonde a Napoli intorno al 1600 e pare essere legata alla fuga della Sacra Famiglia in Egitto: durante il tragitto, per difendere Gesù dalla furia di Erode, la Madonna chiese aiuto alle piante e agli animali che incontrava sul suo cammino. Arrivata in un campo di lupini chiese alla pianta di nascondere il bambino con le sue lunghe foglie ma questa si rifiutò e prese ad accartocciarsi per espellere i semi. Così facendo, produsse uno scoppiettio molto forte e per questo il lupino venne punito da Gesù: fu condannato a generare per sempre frutti amari. Poco dopo, la Madonna trovò un pino al quale chiese appoggio. Il pino, senza esitare, spalancò le sue enormi fronde piene di pigne accogliendo la Madonna, San Giuseppe e il Bambino e proteggendoli dai loro persecutori. Quest’albero fu quindi premiato per la sua generosità: Gesù, infatti, gli fece dono dell’odore d’incenso, che avrebbe ricordato per sempre la sua benevolenza. E’ dunque usanza nel napoletano bruciare in casa, il giorno di Natale, una pigna così che il profumo della resina possa tenere lontani i nostri nemici e accogliere il Salvatore.

Altra usanza particolare è la processione del bambinello (ovvero del bambin Gesù) allo scoccare della mezzanotte tra il 24 e il 25 dicembre. Secondo la tradizione viene tirata fuori la statuina santa e portata in processione per ogni singola stanza della casa: spesso questa piccola processione viene inscenata con candele accese e cantando “Tu scendi dalle stelle”. Il giro serve a portare la Luce del Dio nascente per tutta la casa. Al termine del rito ogni membro della famiglia dice una preghiera, bacia il bambinello che, infine, viene riposto nella mangiatoia. Questa tradizione è talmente sentita che, molto spesso, la statuina del Bambinello viene tramandata di generazione in generazione senza nemmeno tener conto delle proporzioni all’interno della raffigurazione del presepe. Insomma, per un napoletano, non è così insolito vedere un Gesù Bambino decisamente grosso rispetto a Giuseppe e Maria.

Bonus: lo sapevi che…

… la canzone “Tu scendi dalle stelle” è la versione italiana dell’originale Quanno nascette Ninno, un canto natalizio napoletano scritto da Alfonso Maria de’ Liguori a Nola nel dicembre del 1754

… in Francia, i bambini dispongono le loro scarpe ordinatamente, poiché Gesù Bambino passerà la notte del 24 a riporre i suoi doni dentro di esse. Per tradizione si accende un ceppo di legna per scaldare il Bambino che gira nella notte fredda. Da questa usanza, deriva anche uno dei dolci natalizi più diffusi, ovvero la bùche de Noêl.  Il presepe in Francia è molto curato; sono particolarmente famosi i presepi della Provenza, composti da statuine d’argilla vestite con costumi realizzati a mano, molto precisi nei dettagli e realistici, chiamati Santons.

… in Polonia, la vigilia di Natale è chiamata Festa della Stella, e la tradizione vuole che, sino a quando non compare in cielo la prima stella, non si debba iniziare la cena. Le famiglie polacche celebrano il Natale con un pasto di ben 12 portate e si lascia sempre un po’ di spazio in tavola, in caso arrivi un ospite inatteso. In molte case ancora oggi si mettono dei covoni di grano nei quattro angoli di una stanza, in memoria della stalla dove nacque Gesù Bambino.

… in Spagna il giorno più festeggiato nel periodo natalizio è il 28 dicembre, giorno in cui arrivano los Reyes, i Re Magi. A cavallo o su carri, queste sontuose figure sfilano per le città e distribuiscono dolci e caramelle a tutti i bambini e per questo la figura di Babbo Natale è meno sentita. Nei presepi spagnoli alle classiche statuine si affiancano quelle di Tio, un tronchetto d’albero che, se scosso, sprigiona dolcetti e quella di Caganer, un porta fortuna natalizio.

… in Germania i festeggiamenti di Natale iniziano presto, ovvero l’11 novembre, giorno di San Martino. E’ tradizione costruire per quel giorno delle lanterne, che i bambini portano in processione oppure posizionano nei cimiteri. Queste lanterne servono ad illuminare la strada al santo. Durante il periodo dell’Avvento i bambini hanno nelle loro camerette dei calendari con 24 finestrelle. Ogni giorno aprono una finestrella e promettono di compiere una buona azione nella giornata. Questa tradizione si è ormai diffusa in tutta Europa e il consumismo ha fatto nascere calendari dell’Avvento per davvero qualsiasi cosa! Il 6 dicembre poi arriva San Nicola a portare dolci, cioccolato e dolci speziati come i Lebkuchen o i Christollen. La notte del 24 infine arriva Gesù Bambino (o Babbo Natale) a portare i tanto attesi doni. Le case sono addobbate a festa con ghirlande e candele ed è usanza fare pasti ricchi e bere vino speziato.

… in Grecia la vigilia di Natale viene vissuta tra canti e musiche di tamburelli e triangoli. Ci si scambiano doni, tanto il 25 dicembre quanto al 1 gennaio, e spesso vengono anche portati come omaggio alle persone più povere. Tutti insieme si mangiano fichi secchi, dolci, noci e il Chrisopsomo, un tipico pane speziato greco. I sacerdoti sono soliti passare di casa in casa per la benedizione delle dimore.

E con questo bonus concludiamo questa lunga, ma non completa, carrellata tra quelle che sono le leggende, le usanze e le curiosità sulla festa più bella e coinvolgente dell’anno! Non ci resta che sperare che un po ci penserete guardando un ramo di vischio, un albero addobbato o un presepe “sproporzionato”, farvi i nostri migliori auguri di un Natale all’insegna della famiglia e dei dolci ed essere convinti che anche il nuovo anno vi porterà grandi soddisfazioni e giorni sempre migliori!

con affetto lo staff del Centro Studi Darwin!

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